Il calcestruzzo proiettato – più noto forse con il termine tedesco di spritz beton o inglese di shotcrete – può essere definito come conglomerato cementizio pneumaticamente indirizzato ad alta velocità su una superficie (Fig. 22.1).
due distinti processi per questa tecnologia applicativa:
• per via secca, quando tutti gli ingredienti solidi del conglomerato sono accuratamente mescolati e la miscela secca è spinta da un flusso di aria compressa
fino all’ugello della pompa dove viene aggiunta l’acqua prima di proiettare la miscela su una superficie; la prima applicazione, nota come gunite (dall’inglese
togun, sparare), risale al 1910
• per via umida, quando tutti gli ingredienti, inclusa l’acqua, sono accuratamente mescolati e l’impasto più o meno fluido viene sospinto fino all’ugello della
pompa dove l’aria compressa lo proietta sulla superficie; la prima applicazione, nota come shotcrete (dall’inglese to shot concrete, sparare calcestruzzo)
risale agli anni ’60 del secolo precedente.
La tecnica del calcestruzzo proiettato è forse la più versatile tra quelle disponibili per la costruzione delle opere in c.a.:
• si può applicare su qualsiasi superficie (terreno, roccia, acciaio, calcestruzzo vecchio, muratura in pietra o mattone);
• consente illimitate possibilità di forma per strutture con configurazioni geometriche complesse;
• può essere applicato laddove il getto tradizionale presenta difficoltà esecutive (su soffitto e su pareti dietro tubazioni o altri ostacoli meccanici).
I principali inconvenienti del calcestruzzo proiettato, tutti derivanti da deficitarie applicazioni in pratica soprattutto con la tecnica della via secca, possono
essere:
• eterogeneità del materiale in situ;
• scarsa aderenza al substrato;
• delaminazione tra i vari strati;
• incompleto riempimento dietro le armature metalliche;
• rimbalzo degli inerti e sfrido.
Tutti questi inconvenienti possono, però, essere eliminati se si dispone di operatori abili ed esperti e se si predispone un’adeguata composizione del conglomerato
cementizio da spruzzare.
Nei paragrafi che seguono vengono illustrati gli accorgimenti per eliminare o almeno ridurre significativamente gli inconvenienti.
Nel processo per via secca, l’acqua viene immessa a discrezione del “lancista” (Fig. 22.1) a seconda delle locali condizioni del sottofondo (umidità, inclinazione,
ecc.). Inoltre l’acqua, passa preferibilmente attraverso un percorso radiale e periferico bagnando così più il fl usso esterno di calcestruzzo che non quello interno.
Ciò comporta un rapporto a/c variabile da zona a zona del calcestruzzo in situ, e quindi anche variazioni nelle prestazioni. L’inconveniente può essere ridotto da una attento controllo dell’acqua immessa e da un leggero movimento circolare dell’ugello per sovrapporre zone più asciutte con quelle più bagnate ( Fig. 22.2).
da una attento controllo dell’acqua immessa e da un leggero movimento circolare dell’ugello per sovrapporre zone più asciutte con quelle più bagnate ( Fig. 22.2).
Questa problematica non esiste nel processo per via umida dove il calcestruzzo in situ è molto più uniforme perché il rapporto a/c può essere preliminarmente
determinato e controllato e non è sotto il controllo discrezionale del “lancista”.
A causa del rimbalzo dell’aggregato grosso da parte del sottofondo e dei ferri di armatura il rapporto aggregato/cemento del calcestruzzo che lascia la lancia è
maggiore di quello in situ. Ciò comporta un arricchimento nel dosaggio di cemento del calcestruzzo in situ e quindi un maggior rischio di fessurazione per ritiro
igrometrico.
Il fenomeno è maggiore nel processo per via secca (rimbalzo del 30-40%) che non in quello per via umida (non più del 10%) ed è aggravato da una consistenza
asciutta (per la via secca), dalla presenza di ferri di armatura, e dall’inclinazione ridotta (<90°) del getto di calcestruzzo rispetto alla superficie.
L’aderenza del calcestruzzo proiettato al substrato può essere migliorata significativamente se si adottano i seguenti accorgimenti:
• accurata saturazione del substrato (s.s.a.) soprattutto se fortemente assorbente (mattoni);
• attenta eliminazione di materiale estraneo o grasso;
• alta velocità di proiezione all’ugello;
• ridotta distanza dell’ugello dalla superfi cie su cui si proietta;
• angolo di incidenza del getto rispetto alla superfi cie più vicino possibile a 90°;
• eliminazione del rimbalzo dell’aggregato grosso che viene raccolto ed inglobato nel calcestruzzo già proiettato in basso.
Se correttamente applicato, l’aderenza del calcestruzzo proiettato al substrato è più che soddisfacente, come indicano a puro titolo esemplificativo i dati della Tabella 22.1.
In linea di massima maggiore è la resistenza meccanica a compressione maggiore dovrebbe essere aderenza al substrato. Tuttavia, altri fattori operativi,
come quelli sopra riportati (saturazione con acqua del substrato, angolo di incidenza, ecc.) determinano l’aderenza al substrato.
L’aderenza tra i vari strati di calcestruzzo proiettato può essere ridotta se gli aggregati rimbalzati si accumulano formando un vespaio e non vengono rimossi
prima di applicare lo strato successivo. Questo inconveniente può essere prevenuto adottando un corretto angolo di incidenza (Fig. 22.3) e rimuovendo, con
cazzuola o spazzola, il vespaio di aggregati rimbalzati prima che lo strato abbia fatto presa.
Uno dei maggiori problemi alla corretta applicazione dello shotcrete è rappresentato dalla presenza delle armature metalliche soprattutto se molto congestionate.
È preferibile evitare barre metalliche di diametro superiore a 12 mm, come anche è consigliabile impiegare reti elettrosaldate (possibilmente galvanizzate) con diametro di 3-4 mm e spaziatura quadrata di almeno 100 mm. La rete va posizionata a metà dello spessore dello strato di shotcrete (Fig. 22.4) quando
questo è inferiore a 10 cm e un po’ più verso l’esterno per spessori maggiori di 10 cm. In ogni caso la rete elettrosaldata e le barre debbono essere allocate in
modo sufficientemente rigido per resistere all’impatto del calcestruzzo proiettato.